Chiamparino ha il fiato corto, sembra quasi in pensione
Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Rizzi, pubblicato su “Lo Spiffero” il 17 agosto 2017
Tagliata fuori dall’asse lombardo-ligure sempre più forte nell’economia del Nord, totalmente priva di una visione strategica, assopita in una politica di piccolo cabotaggio, lenta se non immobile sullo sfruttamento dei fondi messi a disposizione da Bruxelles, sorda a segnali e richiami che arrivano dal mondo dell’impresa, spesso inadeguata sugli scenari europei. Questo e molto altro (di negativo) ancora è la Regione di SergioChiamparino nel ritratto fattone dalla donna che molto probabilmente cercherà di succedergli, riportando il governo dell’ente al centrodestra.
“Mi sa che della Borgogna, Chiamparino si è bevuto un bel po’ di vino” dice, buttandola in battuta, Claudia Porchietto. Terribilmente seria, però, la consigliera regionale di Forza Italia nell’elencare tutti i mali dell’amministrazione di centrosinistra, oggi più che mai stretta e costretta dalla tenaglia della Lombardia di Roberto Maroni e la Liguria di Giovanni Toti. Quest’ultimo, ancora ieri, si è detto certo della vittoria alle politiche, spiegando i motivi di un successo che, a quel punto, faciliterebbe non poco la riconquista di piazza Castello: “Renzi ha inanellato una serie di errori straordinariamente grandi. Grillo incarna benissimo il malcontento, ma i Cinque Stelle, alla prova dei fatti, deludono – ha spiegato il governatore ligure citando proprio Torino –. La Appendino doveva fare una cosa sola: organizzare la serata in piazza per la finale di Champions e si è dimenticata di vietare le bottiglie di vetro. E il disastro è avvenuto mentre lei guardava la partita in tribuna a Cardiff, ospite di qualche ricco sponsor. Non mi sembra un’amministrazione così popolare e vicina alla gente”.
Se la campagna elettorale per le politiche è, di fatto, ormai avviata, quella per le regionali in Piemonte le corre appresso. “Basta vedere gli ultimi provvedimenti, raffazzonati e i cui esiti si faranno sentire presto e non certo positivamente: dalla riforma delle Ipab, al piano paesaggistico, passando per la legge sui rifiuti. Il Pd cerca di conservare un po’ di centri di potere” attacca Porchietto. Che, pure lei, non è che stia a contemplare il panorama, in questi giorni di vacanza a Grangesises.
Mancano meno di due anni alle elezioni, le candidature alla presidenza sono ancora da definire, ma proprio la spinta che il centrodestra si dice certo arriverà dal voto per il Parlamento accelera la marcia verso la successione di Chiamparino. “Che poi sarà da vedere se davvero non si ripresenterà come dice” rimugina a voce alta l’ex assessore al Lavoro della giunta di Roberto Cota. Dubbio che fa poggiare su una domanda al curaro riferita al Pd “e chi potrebbe candidarsi al suo posto?”. Il che, si badi bene, non significa una promozione dell’attuale presidente da parte dell’aspirante alla sua poltrona sul fronte opposto: “La sua amministrazione sarà ricordata, purtroppo, per la totale assenza di visione, di obiettivi. E pure per scelte sbagliate e traguardi mancati. Basta pensare a come è stata gestita la vicenda Eurofidi e degli altri confidi, e pure FinPiemonte, il Csi. Se guardo la giunta – dice Porchietto – salvo solo Aldo Reschigna, un pragmatico che si adopera a mettere toppe qua e là. Per il resto… alla Sanità c’è un assessore – spiega riferendosi ad Antonio Saitta –, molto bravo a comunicare, ma per il resto…”. E meno male che, come spiega lei stessa, “siamo solo in pre-campagna elettorale”.
Se questo è il prologo, figurarsi quando si entrerà nel vivo. “Ma è così, inutile cercare di nasconderlo come fa il centrosinistra. La verità è che questa giunta, al contrario di quanto ha fatto Toti in Liguria, ma anche Maroni in Lombardia, non si è mai data una connotazione per obiettivi. Il risultato è che al di là dell’Appennino ci hanno ormai superato sul fronte del turismo, che poi significa economia. E in Lombardia con i fondi sociali europei hanno finanziato gli asili nido gratis. Qui si doveva superare la Borgogna”.
Rigira il coltello nella piaga e poco ci manca che – appena rientrata da una scarpinata sul Basset – descriva l’alpino Chiamparino come uno che parte per arrampicare con i mocassini ai piedi. Racconta, però, di quella cultura e quel turismo “dimenticati, lasciati solo all’impegno dei volontari come al Forte di Fenestrelle, mentre si stanziano fondi sempre ai soliti”. Perché “anche questo significa non saper connotare una politica regionale. In Liguria Toti, che peraltro non ha certo una lunghissima esperienza politica e di amministratore come Chiamparino, ha saputo subito caratterizzare il ruolo e il profilo di una regione, peraltro fino a pochi anni fa non certo competitiva rispetto alla nostra”. Se l’orizzonte si estende all’Europa, “peggio ancora: agli incontri sui grandi assi strategici spesso il Piemonte manda qualche funzionario o dirigente. Dov’è il peso della politica?”.
Confessa un altro dubbio, la Porchietto: “A volte mi chiedo se il presidente abbia deciso di mettersi in pensione anzitempo. O forse lui, la sua giunta e la sua maggioranza hanno interpretato il bogianen in maniera troppo letterale, dimenticando la battaglia dell’Assietta”. Quella per la conquista di Piazza Castello da parte del centrodestra, ormai, è evidentemente incominciata. Attacco duro, colpi ad alzo zero, ma anche annunci di quel cambio di passo “che ci potrà essere solo con il cambio di governo dell’ente”. E parte proprio dalla materia di cui si è sempre occupata, Porchietto: “Se vinceremo, la prima cosa da fare sarà l’istituzione di un assessorato all’economia, in cui far confluire comparti strategici importanti come il turismo e la cultura, accanto agli asset tradizionali e innovativi. Solo con un’economia forte, un pil regionale altrettanto forte la nostra regione può uscire da un periodo di crisi, guardare con concretezza alla crescita e allo sviluppo”. Nei piani del centrodestra c’è il completamento del fronte del Nord, col vecchio GeMiTo del triangolo industriale che, se la Lombardia non cambierà colore nel 2018 e il Piemonte invece sì l’anno dopo, potrebbe suonare come lamento di un Pd sconfitto anche nell’ultima regione, delle tre, rimastagli. “Per ora siamo tagliati fuori” accusa la Porchietto. E se la tenaglia si trasformerà in tridente, con quarto rebbio veneto, allora il centrodestra in Piemonte potrà brindare. Magari con un rosso di Borgogna.