Il centrodestra oltre Berlusconi
Riportiamo l’articolo pubblicato su “Lo Spiffero” il 19 novembre 2016
Forza Italia “è un partito molto vivo sul territorio con i suoi amministratori, sindaci e militanti; un partito vivo quando c’è un’idea politica ma un partito impiegatizio nei suoi vertici quando questi rifiutano una fase di cambiamento”. Questo, in sintesi, è per Stefano Parisi il risultato della due diligence sul partito azzurro che lo stesso Silvio Berlusconi gli ha affidato prima della scorsa estate. “Un partito dove ci sono quelli che pensano che sei bravo, e se sei un giovane bravo, è meglio che tu sia messo da parte, perché se no rischi di offuscare gli altri. Un partito dove c’è un meccanismo per cui chi diventa senatore o parlamentare lo è perché è stato a lungo davanti alla porta di Berlusconi. Tutta la fatica è lì, poi una volta messo in lista, sei a posto. È come un impiego pubblico”.Un’analisi tanto vera quanto impietosa, quella fatta dall’ex candidato sindaco di Milano oggi a Torino dove ha presentato il suo movimento “Energie per l’Italia” di fronte a quasi 300 persone che hanno risposto all’invito del presidente del Collegio costruttori torinese, Alessandro Cherio, al suo fianco sul palco della Gam. In platea, come annunciato, nessuno dei vertici regionali di Forza Italia, tranne la consigliera regionale Claudia Porchietto, che ha fatto capolino in sala per una fugace apparizione, il commissario provinciale Carlo Giacometto e l’ex sottosegretario Mino Giachino. Tra i volti noti, l’ex vicesindaco di Torino Marco Calgaro, il costruttore Giuseppe Provvisiero, i primi consiglieri comunali dell’era berlusconiana in Sala Rossa Andrea Cenni e Tiziana Salti, l’ex consigliere provinciale e regionale Franco Maria Botta, gli ex parlamentari Maria Teresa Armosino, Franco Stradella e Andrea Fluttero. Visite di cortesia, ma rigorosamente separati, degli ex gemelli azzurri, entrambi in passato coordinatori del partito, Roberto Rosso (attualmente cane sciolto in Consiglio comunale) ed Enzo Ghigo (ora nei Liberi per il Sì al referendum di Marcello Pera e Giuliano Urbani). Per il resto, molti curiosi (l’avvocato Carlo Merani, il commercialista Stefano Rigon), giovani in cerca d’autore (Riccardo De Caria, ex Fare di Oscar Giannino), incalliti sognatori di un centrodestra unito (Stefano Commodo), l’imprenditore già piccolo ras socialista Beppe Garesio, e tanti orfani del Berlusconi anni Novanta.
Un’assenza, quello dello stato maggiore azzurro, che non sembra turbare molto Parisi: “Mi pare che Forza Italia sia una realtà che a Torino non abbia contato un granché come voti. Non mi pare una grande forza”, ha affermato, impietoso, ricordando le recenti performance elettorali. Così come rispetto alle recenti prese di distanza dello stesso ex Cavaliere, che sono sembrate una sconfessione del suo operato, a chi gli ha chiesto se non teme di essere “seppellito” da Forza Italia, il manager è stato lapidario: “Forza Italia non è in grado di seppellire nessuno oggi”.
Parlando poi del suo movimento Parisi ha spiegato di aver “avviato un processo di rigenerazione del centrodestra fuori da Forza Italia apposta perché so dell’instabilità’ della governance di Forza Italia. Credo sia stata la scelta giusta” ha concluso osservando che “noi oggi ci rivolgiamo agli italiani che vogliono cambiare, siamo fuori da uno schema politico che ormai credo sia saltato completamente e il nostro movimento si colloca in mezzo agli italiani non tra un partitello e l’altro”. Temi anticipati la sera prima a Cherasco nel Cuneese, all’iniziativa promossa da Roberto Russo, esponente di spicco locale, ex An (area Gasparri) fino a due anni fa assessore in Provincia e vice coordinatore provinciale del Pdl.
Cambiare per non morire, questo è stato il leitmotiv dell’intervento di Parisi. “Se non si cambia siamo destinati a restare nelle mani dei Cinque Stelle, è successo a Torino e a Roma, succederà in Italia”. E il capoluogo subalpino deve servire da memento mori per il centrosinistra: “Qualcuno ha detto che Renzi rischia di diventare il Fassino d’Italia, si rischia di finire così e non solo per colpa di Renzi ma anche perché il centrodestra reagisce con lo stesso schema del premier”. Ha attaccato nuovamente Matteo Salvini, con cui già nei giorni scorsi ci sono state scintille. Non lo nomina, ma il riferimento al leader della Lega è evidente: “La lezione americana è importante – ha detto Parisi – non tanto perché c’è un Trump italiano. Trump ha lavorato nella sua vita, ha generato ricchezza, ha esperienza, solidità e storia. Tra lui e uno che nasce in Consiglio comunale e che ha fatto solo il consigliere comunale c’è una distanza”.
Infine una stoccata a Renzi e a quella sorta di commissariamento della politica e della amministrazione pubblica da lui decretata con la nomina di Raffaele Cantone. “Renzi ha consegnato l’Italia nelle mani della magistratura, cominciando con Cantone che è una delle più grandi iatture del nostro Paese”. Un attacco volto a mettere a nudo la funzione anomala svolta dal titolare dell’Anticorruzione: “Chi è questo signore, dov’è la sua struttura istituzionale?” si è chiesto Parisi aggiungendo che “questa non è un’istituzione prevista dal nostro ordinamento e sta generando molta confusione nelle amministrazioni pubbliche”. Secondo Parisi, le amministrazioni pubbliche “sono ulteriormente paralizzare, già soffrendo per una normativa e un’organizzazione molto burocratiche. Non avevamo bisogno di questo – ha concluso – il problema della corruzione si risolve avendo persone oneste che fanno politica e avendo sistemi di controllo efficaci, non sistemi di questo tipo che sono inefficaci e non riescono ad andare a fondo del problema”.
Stesso clima, quello di un disorientamento di fronte alle recenti scelte di Berlusconi, si è respirato a pochi metri dalla Gam, al centro congressi della Camera di Commercio dove l’ex governatore Ghigo, in compagnia di Pera, ha spiegato il suo sostegno alle riforme costituzionali: “Non sono renziano ma ritengo che sul referendum Berlusconi abbia fatto la scelta sbagliata”. Berlusconiano della prima ora, l’ex presidente della Regione alle recenti amministrative si è schierato per Fassino, senza rinnegare la sua collocazione moderata. Berlusconi, ha aggiunto, “avrebbe dovuto schierarsi per il Sì e poi allearsi col Pd per la vera partita, che è la legge elettorale. Invece ha preferito puntare a indebolirlo, per avere poi a quel tavolo un interlocutore debole. Ma questa è un’operazione rischiosa, che potrebbe sfuggire a ogni controllo”. L’Italia “ha bisogno di cambiare, votare Sì al referendum costituzionale – ha aggiunto – ha innanzitutto il significato di una prospettiva politica più certa, nel tentativo di fermare l’avanzata del Movimento 5 Stelle. Ritengo che in questo difficile momento solo la stabilità possa garantire all’Italia di andare avanti. Poi ci saranno le politiche, e in quella occasione spero che la mia posizione moderata e liberare possa trovare una rappresentanza”.