C’è bisogno del sovranismo. Si, ma europeo

Riportiamo l’articolo, a firma di Marco Margrita, pubblicato su “eupop.it” in data 8 novembre 2018
L’americanizzazione turbo-conservatrice di Bannon (supinamente accolta dai populisti) va combattuta costruendo “la nostra patria Europa” secondo le linee dell’appello di Brague, Scruton e Spaemann
Ci stiamo avvicinando a passi veloci, ma come sempre senza un adeguato livello di dibattito, alle consultazioni europee. In campo, a conferma della meschinità degli attori politici rispetto alla potenza delle questioni, sembrano esserci solo due posizioni: i difensori senza se e senza ma di questa Unione Europea e i demolitori a prescindere (in forza di nazionalismi compulsivi) di ogni protagonismo comunitario del Continente sulla scena globale. I primi vagheggiano la costruzione di fronti antisovranisti (riedizione riveduta e peggiorata dell’inevitabilità della consociazione di popolari, socialisti e liberali) e i secondi urlanti convergenze tattiche che mirano esclusivamente alla disgregazione. Entrambi – è probabile non del tutto consapevolmente – fanno gli interessi di due diverse logiche imperiali: quella tecnocratica di “interessi multinazionali non universali, che le indeboliscano e le trasformino in sistemi uniformanti di potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti” (1) e quella dell’americanismo occidentalista sempre impegnato a costruire muri e disgregazione nello spazio euroasiatico (Trump, come tutti i leader statunitensi che lo hanno preceduto, non vuole e non può consentire l’esistenza di una soggettività politica “dall’Atlantico agli Urali”). I frontisti della “falsa Europa” favoriscono l’omologazione del “denaro senza volto”, i populisti si fanno “volontari carnefici” del disegno di Steve Bannon.
Il punto non è, quindi, scegliere se mostrificare o benedire il sovranismo, piuttosto è opportuno chiedersi quale sovranità vada propugnata e costruita per “Mantenere viva la realtà delle democrazie (che) è una sfida di questo momento storico, evitando che la loro forza reale – forza politica espressiva dei popoli” (2). Il compito è, citando la Dichiarazione di Parigi (3), “respingere le fantasie utopistiche di un mondo multiculturale senza frontiere”, perché “ Amiamo a buon diritto le nostre patrie e cerchiamo di trasmettere ai nostri figli ogni elemento nobile che noi stessi abbiamo ricevuto in dote. Da europei, condividiamo anche una eredità comune e questa eredità ci chiede di vivere assieme in pace in una Europa delle nazioni. Ripristiniamo la sovranità nazionale e ricuperiamo la dignità di una responsabilità politica condivisa per il futuro dell’Europa”. Una sovranità europea, per dirla in sintesi, che riconosce la sussidiarietà, così affermando nell’incontro delle specificità una visione complessiva. Serve, insomma, un sovranismo europeo. Richiamando l’incipit del celebre discorso di Alcide De Gasperi alla Conferenza Parlamentare Europea del 21 aprile 1954, “tutti egualmente animati dalla preoccupazione del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa” (4). Il bene delle nostre patrie (che vanno valorizzate senza scadere nella narrazione nazionalistica) coincide, infatti, con il bene della “nostra Patria Europa”.
Quanti pensano più profittevole farsi strumento dell’americanizzazione in salsa trumpiana, nel mondo cattolico magari in odio a questo Pontificato in forza di un tradizionalismo protestantizzato, al di là delle loro intenzioni, non salvaguardano per nulla lo specifico europeo, quindi la libertà concreta delle patrie europee.
Cosa servirebbe sul fronte meramente elettorale? Lo ha detto in un recente incontro torinese Gaetano Quagliariello: “l’alleanza tra gli europeisti intelligenti e i sovranisti scettici” (5).
Marco Margrita
- Papa Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, 25 novembre 2014
- Ibidem
- “Un’Europa in cui possiamo credere” (7 ottobre 2017), sottoscritta da diversi pensatori, tra cui: Rémi Brague, Roger Scruton e Robert Spaemann
- In quello stesso Discorso, guardando al rischio sovietico, ma il concetto supera la congiuntura storica, il grande statista trentino evidenziava che “noi non possiamo erigere l’edificio della Comunità Europea se non abbiamo prima tracciato intorno al nostro suolo un bastione protettivo che ci permetta di intraprendere all’interno il lavoro costruttivo che esige tutti i nostri sforzi di paziente e lunga cooperazione. Ma, appena saranno state prese le precauzioni necessarie al mantenimento della pace, bisogna riconoscere che la vera e solida garanzia della nostra unione consiste in una idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva”
- “Le culture politiche dell’Europa Unita” – Lectio introduttiva a Politicall 2018 – “Per un’Europa dei popoli e delle persone. Dall’Atlantico agli Urali” ( Torino, 20 ottobre 2018)