Breve osservazione (affettuosamente e blandamente) polemica.

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, il seguente commento giunto in Redazione in data 28 agosto 2020.
Commentare un provvedimento amministrativo e un relativo provvedimento giurisdizionale che su di esso ha giudicato, dichiaratamente senza averlo letto, non è il massimo per la affidabilità del commento.
Ciò posto, devo purtroppo osservare che i commenti al mio articolo, così come l’ordinanza del Presidente della terza sezione del TAR Palermo, confondono i piani della legittimità, del merito, della opportunità politica.Trascurano, inoltre, la peculiare posizione della Regione Siciliana a Statuto Speciale, che molto mi ha affaticato e affascinato nei quattro anni di presidenza del CGA. In premessa, per la ennesima volta, e a costo di sembrare noioso, devo ribadire che il Giudice Amministrativo giudica della legittimità e non del merito o della opportunità dei provvedimenti.
Ma ripercorriamo il provvedimento della terza sezione del TAR di Palermo, o per meglio dire il provvedimento monocratico del presidente di tale sezione, poiché il collegio non si è ancora pronunciato.
I decreto presidenziale motiva l’accoglimento:
1. Lamentando il termine ridotto per lo sgombero degli hot spot, la mancanza di specifiche misure organizzative, una mancanza di fattibilità e sostenibilità delle stesse e quindi la difficoltà di coordinamento tra le autorità deputate alla gestione delle relative attività. Aggiunge che ciò potrebbe, esso sì, creare condizioni di pericolosità per la salute e l’incolumità pubblica. Si tratta di osservazioni del tutto fuor d’opera poiché, come è evidente anche a una prima lettura, impingono nel merito della discrezionalità amministrativa e nelle modalità di esecuzione dell’ordinanza impugnata che non possono costituire, e mai hanno costituito, il parametro per valutare la legittimità di un provvedimento. Il decreto del Presidente della Terza sezione esorbita nella amministrazioni attiva e assume delle valutazioni al posto della Amministrazione, il che non è nella sua competenza. Oppure vogliamo il governo dei giudici tanto aborrito da Tocqueville? Io, da giudice, ne sono atterrito!
2. Osserva ancora il decreto del Presidente della Sezione che il potere sanitario utilizzato dal Presidente della Regione ai sensi dell’art. 32 della legge n. 833 del 1978 è stato successivamente disciplinato, per la pandemia, dai decreti legge succedutisi a causa del Covid. In particolare, il decreto ricorda che l’art. 3 del D.L. 25 marzo 2020, n. 19, stabilisce che le misure di contenimento e restrizione, individuate in linea generale e astratta dallo stesso d.l. all’art. 1, sono riservate in concreto, dall’art. 2, ad appositi DPCM e solo in maniera interinale e provvisoria possono essere adottati dai presidente delle regioni nelle more dell’adozione degli stessi DPCM. La motivazione del decreto del presidente della Sezione del TAR sul punto è in palese contraddizione con la motivazione espressa del provvedimento. In effetti nel primo “ritenuto” di pag. 4 dell’ordinanza del Presidente della Regione si dà appunto atto che sul punto non sono stati emanati provvedimenti governativi, il che abilità e legittima il presidente della regione ad agire autonomamente, proprio in base all’art. 3 citato del d.l. n. 19/2020 invocato, erroneamente dal Presidente della Sezione, come elemento di illegittimità.
3. Ancora il Presidente della sezione del TAR afferma che le misure adottate sembrano esorbitare dall’ambito dei poteri attribuiti alle regioni laddove, sebbene disposte con la dichiarata finalità di tutela della salute in conseguenza del dilagare dell’epidemia da Covid 19 sul territorio regionale, involvono e impattano in modo decisivo sull’organizzazione e la gestione del fenomeno migratorio nel territorio italiano, che rientra pacificamente nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato. La competenza sul problema migratorio è sicuramente dello Stato, ma appunto il provvedimento impugnato non dispone i tale materia.
Occorre ricordare che ogni provvedimento amministrativo dispone la cura di un interesse pubblico di pertinenza della Amministrazione emanante, e in tali limiti deve essere giudicato quanto a competenza e legittimità. E’ situazione usuale e banale che vi siano interessi pubblici indirettamente coinvolti. La necessità di un coordinamento con altre amministrazioni, per sé, non costituisce una illegittimità del provvedimento. Perché esso sia legittimo è sufficiente che abbia correttamente disposto nel merito dell’interesse di competenza della amministrazione emanante. Si tratta, in verità, di un successivo problema di coordinamento amministrativo, al quale soccorrono gli accordi tra amministrazioni di cui all’art. 15 della legge n. 241 del 1990 o l’intervento del Consiglio dei Ministri per la risoluzione di conflitti tra amministrazioni di cui all’art. 5, co. 1, lett. c-bis) della legge n. 400 del 1988. Ciò, però, non può mai determinare una illegittimità dell’atto in sé, là dove esso non abbia esorbitato dalla cura dell’interesse proprio della amministrazione emanante. Si tratta di un normale problema di coordinamento di interessi e poteri concomitanti spettanti a più amministrazioni, che non determina illegittimità del provvedimento. Spetta quindi allo Stato predisporre le opportune misure di coordinamento in un clima di leale collaborazione per conciliare i due diversi poteri. Ciò non è sicuramente un motivo di illegittimità, ma la emersione di un problema che spetta al Governo risolvere e non è di pertinenza del Giudice.
La valutazione se il potere esercitato dal Presidente della Regione “impatti” anche sul problema generale della immigrazione non spetta al TAR, perché non è questione di legittimità ma di merito amministrativo o, probabilmente, di merito politico.
4. Nulla è motivato nel decreto del Presidente della Sezione circa la chiusura dei porti all’afflusso di natanti che, secondo il decreto: “sembra esorbitare parimenti dalla competenza reginale”. Il “sembra” non è minimamente motivato, ma solo apoditticamente affermato. Si è visto, invece, che la competenza del presidente della regione deriva direttamente dalla norma costituzionale di cui all’art. 31 dello Statuto regionale, a mente della quale al Presidente della Regione sono attribuiti i poteri che il ministro dell’Interno esercita nel restante territorio nazionale come Autorità di Pubblica Sicurezza.
In verità, non ha considerato il decreto che il potere esercitato dalla amministrazione attraverso un provvedimento amministrativo è ricavabile non necessariamente solo dalla giustificazione (citazioni delle norme), ma soprattutto dal contenuto dispositivo reale stesso del potere (giurisprudenza costante e tralaticia del CDS). Vale a dire dalle situazioni giuridiche soggettive concretamente incise dal provvedimento e dalle finalità anche implicite alla incisione.
Non vi era quindi necessità che il Presidente della Regione citasse l’art. 31 dello Statuto a giustificazione dell’esercizio del potere di tutela dell’ordine pubblico perché le disposizioni circa lo svuotamento degli hot spot e il divieto di sbarco sono chiaramente espressione di una tutela dell’ordine pubblico.
Sul punto non sembra che la PCM abbia articolato alcun motivo di ricorso (ma non conosco il ricorso e quindi lo do con beneficio d’inventario). Ciò che è certo è che il Presidente della Sezione non ha delibato il punto, limitandosi a scrivere che “sembra esorbitare”, mentre a dire il vero non esorbita affatto dai poteri ex art. 31 dello Statuto.
A tale proposito, insiste il decreto sulla considerazione che qualsiasi intervento limitativo della circolazione delle persone da e verso l’estero è riservato allo strumento del D.P.C.M. previsto dal richiamato art. 2 del d.l. 19 del 2020. Purtroppo il decreto persiste nell’errore di equiparare totalmente la disciplina che vale per le regioni a statuto ordinario con quella relativa alla Sicilia, per la quale lo Statuto, che si ripete ancora perché sia chiaro un volta per tutte è norma costituzionale e quindi prevale sulla norma ordinaria, prevede una competenza esclusiva del Presidente della regione nella materia dell’ordine pubblico, secondo l’art. 31 già citato. E’ quindi del tutto inconferente osservare che: “le misure adottate con il provvedimento impugnato non possono ritenersi rientranti nell’ambito dell’esercizio dei poteri delegati dall’autorità del Governo centrale, in mancanza delle predette necessarie previe direttive in materia;” ai sensi del d.l. n. 19 citato, perché tali misure del Presidente regionale sono legittimate non da tale delega di poteri (necessario per le sole regioni ordinarie) ma dalla attribuzione autonoma al Presidente della Regione Siciliana da parte dello Statuto.
5. Quanto alla carenza di motivazione e istruttoria, basta osservare che l’ordinanza è motivata esattamente alla medesima maniera in cui sono motivate i DPCM, cioè prendendo atto della pandemia e senza una istruttoria quantitativa sui contagi, sui ricoveri etc. Per altro alla pagina 3 della stessa i ritenuto e considerato danno esattamente conto;
a. Del rischio legato al continuo sbarco di soggetti positivi;
b. Alla mancanza di strutture idonee a garantire la assenza di promiscuità tra soggetti contagiati e sani;
c. Alla carenza di adeguate misure per evitare il rischio di fuga dei migranti;
d. Alla mancanza dei requisiti minimi per la permanenza oltre il tempo necessario per il foto segnalamento;
e. Ai dati che segnalano un crescente numero di migranti ospitati nello hot spot.
In sostanza il provvedimento è sostenuto da una amplissima motivazione, che potrà non piacere, ma il cui contenuto di merito non è giustiziabile se non nei limiti estrinseci della illogicità, incoerenza, contraddittorietà, palese insufficienza motivazionale.
In conclusione, emerge sia dal decreto interinale del Presidente della terza sezione del TAR di Palermo, sia da alcuni commenti anche interni a questa chat, la non completa considerazione della peculiare natura della regione speciale Siciliana rispetto all’ordinamento costituzionale italiano nonché i limiti propri del giudizio di legittimità del Giudice Amministrativo.
Tali interpretazione si inscrivono in una valutazione politica che, da anni ormai, batte in breccia lo stesso concetto di autonomia siciliana, posizione cui aderiscono, personalmente, anche autorevoli personaggi delle istituzioni.
La autonomia siciliana, lungi dall’essere un elemento di disgregazione, è invece un modello importante dinanzi all’espandersi della società liquida globalizzata, espressione di quelle glocalizzazione che appare, come ci ricorda Baumann, l’unica strada per la straniante e spersonalizzante globalizzazione selvaggia.