Berluscones indigeni in collegio

Riportiamo l’articolo, a firma di Stefano Rizzi, pubblicato su “Lo Spiffero” il 30 ottobre 2017
“È meglio che ci concentriamo sui collegi”. Il cauto e (per alcuni, spesso troppo) riflessivo Gilberto Pichetto lo va dicendo da giorni all’irrequieta brigata azzurra piemontese, perché il rischio di non toccare palla o toccarla poco sul proporzionale c’è. Eccome se c’è. Il mantra del “deciderà, ovviamente, il nostro Presidente”, detto in maniera da far risaltare la maiuscola anche quando non lo scrivono, s’attaglia decisamente alla realtà quando si affronta il tema dei listini. Magari avrà ragione chi, come un autorevole esponente di Forza Italia pronto a un’ulteriore elezione che lo porti a un nuovo seggio, spiega che “non si ripeterà l’invasione di paracadutati come quella del 2013”, ma certo non una ma tante golden share il Cav è pronto a calarle sul tavolo con susseguente calata di garantiti laddove, come in gran parte del Piemonte, l’elezione è blindata.
Alle ultime politiche si contarono sul terreno piemontese quasi più paracadute azzurri che in un paesino della Normandia nel D-Day. Nella circoscrizione Piemonte1, quella che comprende Torino, vennero eletti Angelino Alfano, Annagrazia Calabria, Daniele Capezzone, mentre nel resto della regione i voti di Forza Italia portarono a Montecitorio Bruno Archi, l’ex ministro Enrico Costa ed Elio Vito. Tutti foresti, eccetto il deputato di Mondovì. Più autoctona la rappresentanza al Senato: il voto portò a Palazzo Madama Manuela Repetti, Maria Rizzotti e Lucio Malan.
Insomma, il precedente non fa ben sperare e quindi “meglio che si concentriamo sui collegi” diventa il mantra che risuona nei corridoi di Palazzo Lascaris dove si concentra una parte considerevole della futura pattuglia berlusconiana con aspirazioni parlamentari e negli incontri che si susseguono con ritmo via via più intenso con il ridursi della distanza dalle urne. Certo “bisogna aspettare di vedere come saranno i collegi” è la premessa ad ogni ragionamento. E forse anche un esorcismo contro quel che si potrebbe decidere a Roma, sulle teste dei piemontesi. “Ovvio che se Berlusconi vuole garantire l’elezione a qualcuno, sia che arrivi da fuori sia che lo peschi tra di noi, lo piazza nel listino” ragionava l’altro giorno uno dei consiglieri con la valigia pronta per Roma (ovvero tutto il gruppo eccetto Francesco Graglia).
Quindi se conviene concentrarsi sull’uninominale, la prima cosa da fare è togliere dal totale i collegi che andranno alla Lega. Quanti? Stando a quanto detto l’altro giorno dal plenipotenziario del Carroccio Giancarlo Giorgetti, al Nord la divisione sarà al 50%: metà alla Lega e metà agli altri. Ma negli altri non s’è solo Forza Italia, c’è FdI e ci sono i cespugli centristi. E qualche collegio a loro andrà pure dato. Magari “quelli dove a chi è uscito e poi rientrato toccherà correre per prenderli, i voti” è l’auspicio perfido che s’insinua in una trattativa che facile e tranquilla forse non lo sarà neppure nella famiglia che Berlusconi è riuscito a riunire, pur tra qualche mugugno verso più di un figliol prodigo.
Ha fatto anche altro il Cavaliere: non che qualcuno dubitasse, ma l’aver sciolto formalmente giovedì scorso a Bruxelles ogni dubbio sulla possibilità per i parlamentari europei di candidarsi alle politiche (così come per il consiglieri regionali) ha tolto da un più formale che sostanziale imbarazzo chi come l’eurodeputato Alberto Cirio sta da tempo preparando il trasloco da Bruxelles a Roma, tenendo sempre un occhio su Torino dove tornerebbe più che volentieri per fare il presidente della Regione. Obiettivo, come noto, pure di Claudia Porchietto, pure lei in partenza per la Camera o il Senato, lo si vedrà.
Il Rosatellum ha avvicinato parecchio, rispetto all’ipotesi del Consultellum, la competizione elettorale per le due Camere: pur essendo più ampio il collegio senatoriale non è più, come ha rischiato di essere, coincidente con tutta la regione e, soprattutto, non si corre più dovendosela giocare all’ultima preferenza. La differenza per Palazzo Madama, agli occhi piuttosto preoccupati dei berluscones indigeni, è di fatto la stessa che allarma sulla Camera: uninominale o proporzionale? Dove conviene stare e, più che altro, dove verrà piazzato il candidato ancora errante lungo i sentieri dell’incertezza? Senza distogliere lo sguardo dalla trattativa che non sarà facile con la Lega per i collegi migliori, quella con i centristi e FdI per la loro quota, gli azzurri hanno certamente dalla loro sondaggi e simulazioni che ne annunciano un risultato insperato fino a pochi mesi fa. “I posti saranno molti di più di quelli del 2013”. Già, resta da vedere chi, alla fine stabilirà a chi andranno i migliori, quelli garantiti. Quel “deciderà il nostro Presidente” potrebbe metterci niente a passare da mantra fideistico a sentenza inappellabile. Basta la parola, ovviamente del Presidente.