Sarà per le analogie tra i framassoni e i francofoni, fatto sta che in Francia ed in Belgio in questi giorni se ne stan vedendo di tutti i colori sulle Messe (Liturgia cattolica della celebrazione eucaristica comunitaria). Precisiamo per vitare fraintendimenti. Alla Chiesa cattolica del Belgio, non pareva vero che i dati emersi dalla annuale ricerca sulla evangelizzazione del Paese emergesse l’aumento dei fedeli e dei partecipanti alla Santa Messa. I dati, pubblicati il 18 novembre, mostravano che 241.029 persone hanno partecipato alla Messa della terza domenica di ottobre 2019, con un aumento di 2.101 nella stessa domenica del 2018. Un modesto aumento, il numero dei partecipanti alla Messa rimaneva ben al di sotto del totale di 286mila nel 2016, ma comunque un segnale di ‘inversione di tendenza’. Dato importante che mostra una qualche efficacia dell’impegno di evangelizzazione in una terra di ‘senza Dio’, massoni e nuove enclaves nel quale il profeta adorato è Maometto con la sua Shaaria. Ancor meglio se i dati si paragonavano alla Messa di mezzanotte di Natale, 551.134 nel 2019 e solo 509.000 del 2018.
Il clamore dato alla notizia deve aver stimolato l’attenzione del governo e dei circoli del ‘libero pensiero’ (proprio e non altrui) da sempre parte attiva delle amministrazioni del Regno del Belgio. Infatti, con un decreto ministeriale del 29 novembre, il governo ha deciso di vietare ai circa 6,5 milioni di cattolici del Paese le Messe natalizie e imposto il divieto delle celebrazioni alla presenza di fedeli sino al 15 gennaio. Lo ripeto: abolite le Celebrazioni Pasquali, istituzione della Eucarestia, Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore, non resta, a Codalunga e ai suoi seguaci, che abolire l’Incarnazione di Dio, la Nascita di Gesù Cristo che ricordiamo la Notte di Natale. Tolto anche il Natale, è bene che ce lo ricordiamo, non rimane altro che una religiosità gnostica o esoterica. Andiamo avanti, perché la reazione dei vescovi cattolici, pungolati dagli avvenimenti francesi, non si è fatta attendere. Con un comunicato stampa del 1° dicembre, i vescovi hanno riconosciuto la necessità di misure per contrastare la pandemia del coronavirus (certo non siamo noi cattolici ad aver occupato sconsiderevolmente le piazze per emulare i teppisti violenti dei Black Lives Matters americani), salvando vite umane e alleviando la pressione sul sistema sanitario della nazione. “Tuttavia, i vescovi, come molti credenti, sentono questo divieto e blocco delle celebrazioni religiose pubbliche nelle chiese come un limite all’esperienza della loro fede…I vescovi vogliono riprendere il dialogo con i ministri competenti per consultarsi sulla ripresa delle celebrazioni religiose pubbliche, una ripresa inquadrata da protocolli che garantiscono la massima sicurezza”. Ora ed in vista del Natale, non a gennaio.
Il culto pubblico, dopo esser stato ‘sospeso’ tra marzo ed aprile scorsi(casualmente in periodo pasquale) è ripreso a giugno, ma è stato sospeso ancora una volta il 2 novembre (casualmente nel pieno delle festività di Santi e defunti), nel corso di un secondo blocco nazionale a seguito di un nuovo picco di casi di coronavirus. Nella loro dichiarazione di martedì, i vescovi belgi hanno esortato con forza i sacerdoti di tutto il paese a tenere aperte le chiese per la preghiera privata il più a lungo possibile in dicembre e gennaio, ma anche di permettere le visite anche famigliari al presepe in chiesa nei giorni di Natale, nel rispetto delle misure di protezione contro Covid-19. Gli incontri ci saranno fin dai prossimi giorni, i toni della gerarchia cattolica belga sono diversi da quelli dei cugini francesi, ma la sostanza non cambia di una virgola: dopo la Pasqua non ci toglierete il Natale.
Appunto, i vescovi francesi non si son per nulla piegati, alla incettabile decisione del governo della scorsa settimana, se Macron ed i grembiulini di Francia speravano di aver messo a tacere i pastori cattolici ed il gregge, si sbagliavano. Tant’è che la Conferenza Episcopale Francese sin da venerdì 27 Novembre aveva annunciato la presentazione di un altro ‘appello d’urgenza’ al al Consiglio di Stato, definendo “inaccettabile” la proposta di un limite di 30 persone per le messe pubbliche durante l’Avvento. “Noi vescovi abbiamo il dovere di garantire la libertà di culto nel nostro Paese”. Chi la dura la vince. Sebbene la stragrande maggioranza di magistrati d’oltralpe sia affiliata o simpatizzante dei ‘Grandi Ordini’, stavolta il Consiglio di Stato non poteva dar torto alla Chiesa e contraddire la sua stessa ed ultima decisione, nella quale intimava al governo di trovare una soluzione concordata che consentisse la ripresa delle Messe pubbliche, garantendo le previsioni sanitarie standard. Così, il Consiglio di Stato francese il 29 novembre, in risposta all’appello della Chiesa cattolica, ha stabilito che il limite di 30 persone proposto per le messe e altre forme di culto pubblico è un provvedimento governativo “sproporzionato” e deve essere modificato dal 2 dicembre in poi. 72 ore di tempo lasciati al Governo per decidere il da farsi o dover subire una ennesima decisione, stavolta definitiva, dalla magistratura.
Ovviamente i vescovi cattolici del Paese hanno accolto con favore la decisione affermando in una nota che, finalmente “la ragione è stata riconosciuta”. Jean Castex d’urgenza ha incontrato una delegazione di vescovi francesi domenica sera stessa, 29 novembre, per discutere un nuovo protocollo per la ripresa delle Messe pubbliche. Hanno ribadito la proposta originaria, riapertura delle liturgie pubbliche a un terzo della capacità di ogni chiesa, 4 metri quadri di distanza tra ogni fedele (il doppio di ciò che è previsto in Italia). L’arcivescovo di Reims e Presidente della Conferenza Episcopale, ha commentato l’incontro con parole franche che ben fanno capire la situazione ed il terrore che la Sentenza del Consiglio di Stato, le manifestazioni composte e devote dei fedeli e la fermezza della Chiesa di Francia, hanno provocato nell’intero governo. Moulins-Beaufort ha detto: “È andata bene. Abbiamo detto al primo ministro come la sua decisione brutale avrebbe ferito molte persone. Ha capito bene”.
Tuttavia, mercoledì 2 dicembre, il Primo ministro Jean Castex ha annunciato in tarda mattinata alla BFMTV e a radio RMC una possibile evoluzione di queste misure sanitarie. Sino alla tarda serata questa era la posizione del governo, inviata ai vescovi ed altri leader religosi, ovvero uno spazio di sei metri quadrati per ogni fedele, poco meno degli 8 metri quadri previsti per gli avventori dei negozi (8m ² per cliente) ed un massimo di 30 fedeli per le parrocchie con chiese di minori dimensioni. “Spero di raggiungere un accordo”, questa regola dovrebbe essere in vigore fino al 15 dicembre, quando si dovranno studiare nuovi allentamenti delle misure sanitarie, se la situazione sul fronte dell’epidemia lo consentirà. Allo stesso tempo, un Primo ministro apparso ammansito, ha assicurato che sin dai prossimi giorni, insieme ai vescovi e leader religiosi, si studieranno nuovi limiti per le distanze tra fedeli in vista delle festività del Natale.
La guerra alla Messa non è finita. Certo in Italia ci sono vescovi (con tutto il rispetto) che sotto gli ordini del ministro comunista della Salute Pubblica, Speranza, sarebbero capaci anche di anticipare la Messa di Mezzanotte a Mezzogiorno (sbianchettando) pure i racconti evangelici. Non ci sono possibili mediazioni né in Francia, tantomeno in Belgio o nel Regno Unito ed in Irlanda dove sono pendenti casi giudiziari, promossi dalle Chiese contro i rispettivi governi che limitano e vietano la libertà religiosa e di culto. Non manchiamo di pregare, manca poco al Natale, ed in questi giorni della ‘Novena della Immacolata’, tanto cara al popolo minuto di Dio, si moltiplicano le stelle accese sulla terra da tanti Vescovi, stelle che splendono in Cielo che ci indicano la Via per Verità nascente, carnale, storica del Natale.