ANTI-POSTHUMAN un nuovo movimento internazionale?
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Riceviamo in Redazione e Riportiamo la Newsletter N. 1 di DIALEXIS, a cura di Riccardo Lala, del 3 gennaio 2017
Ricominciamo la nostra attività nel 2017 come “Alpina-Dialexis” cercando innanzitutto di dimostrare che il tentativo, attualmente in corso, di superare l’Umanità per mezzo dell’Uomo Artificiale solleva, come minimo, questioni talmente scottanti, da vanificare la quasi totalità dei dibattiti -filosofici, teologici, politici, sociali, etici ed economici- che hanno travagliato l’Umanità durante la Modernità, ponendo nuovamente al centro della scena questioni completamente diverse, e, innanzitutto, quella, sollevata già da Leibniz nel XVIII° Secolo, del se veramente “sia meglio che esista il mondo, oppure il nulla”.
Questo “cambio di paradigma” spiega la rapida obsolescenza di un “establishment” -culturale, politico e sociale-, nato con la Rivoluzione Industriale, prosperato nel mondo bipolare e divenuto dominante in quello unipolare. Un’obsolescenza ancor piùmessa in evidenza dalla capacità dei media di spettacolarizzare anche la morte.
Già nel 1958, Karl Jaspers aveva riproposto, sotto un’ altra, diversa, forma, l’alternativa leibniziana, come effetto dell’invenzione e dell’impiego della bomba atomica: “O l’intera umanità perirà fisicamente, o l’Umanità si trasformerà nella sua essenza etico-politica”. Tuttavia, la minaccia posta dalla bomba atomica, così come definita a suo tempo da Jaspers, era ancora meno radicale di quella, attuale, sollevata dal postumano. Tant’è vero che, ancora nel 1983, il Tenente-Colonnello Stanislav Petrov, dell’ Armata Rossa, aveva potuto evitare il disastro nucleare, interponendo la propria volontà umana allo scatenamento elettronico della IIIa Guerra Mondiale. Infatti, il sistema automatico sovietico di “Hair Trigger Alert” (risposta missilistica automatica-allora, il sistema “OKO”-),aveva individuato, per sbaglio, 5 missili americani in viaggio verso la Russia, che, invece, non esistevano. Oggi, invece, probabilmente, già soltanto l’applicazione automatica dello “Hair Trigger Alert” renderebbe impossibile fare altrettanto.
Ma, soprattutto, oggi, la cancellazione dell’Umanità non già da parte delle bombe atomiche, bensì da parte delle macchine intelligenti, non viene più presentata come un pericolo da scongiurare, bensì come un progetto da perseguire in tempi strettissimi. Così come nel “R.U.R.” di Capek, la completa sostituzione delle macchine all’uomo viene descritta come una liberazione, e, anzi, come una missione di carattere religioso.
A costo di risultare ripetitivi e indigesti, ricordiamo, a questo proposito, che Stephen Hawking ha ribadito ancora recentemente la sua idea che l’avvento dell’ Intelligenza Artificiale segnerà la fine dell’ Umanità. Ma c’è di più: ma Ray Kurzweil pensa già, in realtà, per il nostro secolo, alla fine dell’Universo quale noi lo conosciamo. Nell’ affrontare qualsivoglia nuova questione, occorre oggi quindi un approccio radicalmente opposto a tutti quelli adottati nel corso del XX secolo.
Eppure, le multinazionali dell’ informatica (Google, Facebook, Amazon), e anche gli Enti governativi preposti alla ricerca, come DARPA, Commissione Europea e l’ IIT italiano del Prof. Cingolani, stanno procedendo inspiegabilmente a tappe forzate alla realizzazione, non solo dell’ Intelligenza Artificiale, ma anche di tutti gli altri aspetti dell’Uomo Artificiale: dal genoma umano ai Big Data, dai robot alla riproduzione artificiale, dall’ editing del DNA alla bioingegneria: perfino nella nuova Human Metropole di Rho (che ignoriamo se e in che modo sarà provvidenzialmente rallentata dallo scandalo dell’ EXPO).
Ora è giunto ancheil martellante spot di Poste Italiane del Postino Robot, che, oltre a preludere evidentemente a sostanziosi tagli di personaledell’ Amministrazione postale, si chiude con un volo lirico di propaganda postumanistica a spese del contribuente: “Ovunque vada li sento miei simili, ma c’è una cosa che non capisco, mi parlano di …. umanità, e questa formula mi sfugge: vicinanza, fiducia, disponibilità. Voglio allenarmi tanto ma non mi arrendo, così un giorno potrò diventare come loro.”
L’obiettivo dichiarato è evidentemente è che i robot divengano come gli uomini, e che, parallelamente, gli uomini concedano loro lo stesso “status” degli umani.
Invitiamo i nostri quaranta lettori a prendere posizione almeno su questi temi, a noi così vicini.
Facciamo presente di sfuggita che le, pur numerose, critiche fino ad ora opposte al progetto “Human Metropole”, sono assolutamente fuori tema, in quanto la vera questione non è chi decida come spendere i finanziamenti, bensì che il sistema pubblico dovrebbe porsi è “come l’ Italia potrebbe e dovrebbe dare un contributo qualitativamente diverso alla ricerca sull’ingegneria umana”.
1. Ma che cosa dovremmo ricercare?
L’avanzare del progetto postumanistico pone, alla cultura, alla religione e alla politica, una sfida nuova, che si sostituisce a quella precedente fra “Destra” e “Sinistra”, e, per questo motivo, impone nuove questioni filosofiche ed etiche, da cui conseguono nuovi tipi di opzioni fondamentali, di progetto storico, di culture e di strutture politiche, che, a nostro avviso, dovrebbero sostituirsi alle ideologie, alle società, all’ economia e al diritto della Modernità.
Come diceva Heidegger, ”la Tecnica non è qualcosa di tecnico”. Pertanto, il contributo che l’Europa e l’ Italia possono dare alle ricerche sull’ ingegneria umana dovrebbe essere focalizzato sugli aspetti umanistici delle stesse, con ciò riallacciandosi alle riflessioni sulla tecnica di Fiodorov e di Nietzsche, di Tsiolkovskij e di Berdjiaiev, di Vernadskij e di Voloshin,di Zamiatin e di Capek, di Huxley e di Anders, di Teilhard de Chardin e di Heidegger, di Asimov e di Rees.
In questo articolo esamineremo anche, sinteticamente, come tutto ciò impatti sull’attuale panorama politico europei, e su alcune questioni legislative ed economiche attualmente in discussione. Per un approfondimento di singoli aspetti si rimanda alle precedenti Newsletter 5, 6 e 7/2016, nonché agli e.book: http://store.streetlib.com/corpus-juris-technologici; http://store.streetlib.com/l-habeas-corpus-digitale-e-le-nuove-tecnologie-in-europa; http://store.streetlib.com/100-tesi-per-l-europa.
Stiamo preparando nuove opere collettive sullo stesso argomento, per le quali attendiamo contributi dei nostri lettori.
2. L’equilibrio postbellico alla prova della sfida postumanistica
La IIa Guerra Mondiale aveva rappresentato, sotto tutti punti di vista, ma soprattutto per l’irrompere della potenza atomica, una cesura rispetto al passato (Jaspers, Horkheimer e Adorno). Tuttavia, nonostante le aspettative apocalittiche suscitate da guerra, Olocausto e stragi atomiche, fino ad oggi, si erano mantenuti in vita, seppure con qualche oscillazione, il quadro concettuale, la struttura di potere e le tradizioni culturali e politiche affermatesi nel Secondo Dopoguerra, fondate sulla dialettica fra il “Progresso”, inteso come fatto olistico, comprensivo di scienza, tecnologia, benessere ed egualitarismo, e “Conservazione”, concepito come resistenza a tale Progresso in nome dell’esistente, frutto della stratificazione storica della Modernità. Questo scenario di fondo giustificava la metafora di “Sinistra” e Destra “, con uno spettro di ideologie che andava dall’anarchia, al socialismo rivoluzionario, al comunismo, alla socialdemocrazia, al liberalismo di sinistra, al cristianesimo sociale, al liberalismo, alla monarchia, al nazionalismo, al fascismo e alla rivoluzione conservatrice.
Come avevano anticipato Horkheimer e Adorno, l’esperienza storica aveva ben presto dimostrato che l’inveramento dei principi del “Progresso” (tecnologizzazione generalizzata, dilagare delle classi medie e società dei consumi), non solo non garantiva (come incautamente promesso) la soddisfazione totale delle aspirazioni dell’ Umanità (che, tra l’altro, non sono puramente materiali), ma, nello stesso tempo, screditava proprio le posizioni culturali “di sinistra”, che si possono riassumere in una complessa e faticosa strategia per raggiungere quegli stessi risultati che si sono di fatto conseguiti per altra via (“il socialismo quale strada più breve fra capitalismo e capitalismo”), e che per altro non si sono rivelati soddisfacenti per nessuno.
La cultura oggi dominante, che parte dalle lobbies informatiche e dai think tanks della NATO, per passare alle grandi università anglosassoni, discendendo attraverso le grandi concentrazioni dei media e i Governi europei, fino ai partiti politici e all’establishment dell’ economia e dell’ Accademia, non vuole rassegnarsi a questa sentenza di morte della Modernità, e sostiene ora che i “valori” del Progresso erano comunque validi, ma che manca solo più, per la loro realizzazione, qualche piccolo dettaglio (il cosiddetto ”Progetto Incompiuto della Modernità”). Invece, la prossima “Fine dell’Umano” è lì per mostrare che, fra i tanti obiettivi “teologici” che la Modernità perseguiva in modo surrettizio seguendo il “1°Progetto Sistemico dell’Idealismo Tedesco” , essa sta riuscendo a realizzare solo quelli apocalittici, tipici delle sette messianiche, non già quelli, a cui pensavano inizialmente Lessing, Hoelderlin, Hegel e Schelling, largamente e concordemente ”umani”, tratti dalle religioni “razionali”. I “piccoli dettagli” ancora mancanti (uomo in provetta, Intelligenza artificiale, microbiologia) ci separano in realtà, non già dal Progetto Compiuto della Modernità, bensì dall’ Apocalisse. Quel che resta del Progetto della Modernità mira, in sostanza, a negare quello che il senso comune, in sintonia con Leibniz, aveva sempre dato per scontato – vale a dire che sia meglio che esista qualcosa piuttosto che non il Nulla.-
Con il perdere di vigore delle politiche di sinistra, si svuotano per altro altrettanto le politiche di “Destra” e di “Centro”, poiché tutte hanno perduto il loro avversario storico. Di fronte a questa consapevolezza generalizzata del fallimento del “progressismo” e dell’ avanzare delle Macchine Intelligenti, ai sempre più numerosi critici, l’”establishment” fa ora intendere, con tutti i mezzi, espliciti e sottintesi, leciti e illeciti, sociali e/o violenti, che l’evoluzione verso le Macchine Intelligenti è inevitabile, e che chi si oppone verrà distrutto. E’ la cosiddetta “ideologia TINA” (“There Is No Alternative”, come diceva Margaret Thatcher), che si mescola stranamente e grottescamente con il neo-liberismo. Un secolo di vita culturale e politica orientata verso il Mito del Progresso ha creato una classe dirigente (“la Casta”), che ha condiviso tutte le contorte evoluzioni di quest’ultimo, compresa proprio l’“ideologia TINA”. Basti pensare agli ex futuristi, divenuti fascisti di sinistra, che poi avevano seguito (come Napolitano), nel PCI, intellettuali avanguardisti come Malaparte, e, successivamente, sono divenuti i più grandi amici dell’ America e delle multinazionali. Al contrario, gli oppositori al mito del Progresso, classificati per comodità nella “Destra”, non hanno avuto, né gli stimoli, né le opportunità per approfondire le loro scelte, e sono vissuti “di riflesso” delle culture della Sinistra, perfino ignorando i tanti intellettuali che, o criticavano questi sviluppi, come Baudelaire, Leontiev, Guénon, Voloshin, Huxley, Anders, Asimov, oppure, addirittura, indicavano alcuni rimedi, come Solov’ev, Lang o Kubrick.
Le vicende del crescente astensionismo, dei partiti antisistema e di Brexit, dimostrano che si è creato così un enorme spazio politico che condivide una valutazione totalmente negativa dell’ “ideologia TINA”, ma che nessuno ha avuto fino ad ora il coraggio di prendere per le corna il problema, trasformandolo in un movimento politico.
3. I nuovi Soldati della Libertà
Dovrebbe costituire un obiettivo comune a livello mondiale quello di frenare l’avanzata delle Macchine Intelligenti e di sviluppare un modello di convivenza uomo-macchina che permetta all’ Uomo di mantenere il controllo della situazione. Per questo, ciò che un tempo si chiamava “Conservatorismo” oggi si dovrebbe chiamare “Anti-Postumanismo”. Quest’obiettivo è stato espresso in modo semplice e chiaro da Vladimir Putin, con un accenno indiretto alla vicenda del Tenente Colonnello Popov (cfr. supra e infra), rispondendo alla domanda di un bambino durante l’annuale conferenza-stampa: ”(Al Cremlino, ) ci occupiamo di questioni delicate, che riguardano milioni di vite umane. Per questo, dobbiamo essere innanzitutto umani. Non possiamo fare affidamento sui robot”. In effetti, è stato Petrov e nessun altro a salvare l’Umanità, opponendo, al meccanismo informatico impersonale che l’URSS materialistica e burocratica aveva imposto attraverso il computer OKO, la sua assunzione di responsabiltà, tipica di un’etica militare “all’ antica”:un ufficiale deve decidere per gli altri, in base alla sua superiore conoscenza e moralità, oltre che con la sua intelligenza e con il suo sangue freddo. Egli deve decidere di salvare il mondo anche a costo di condannare il proprio paese.
Il troppo spesso dimenticato Petrov ha fatto ciò che Kubrik fa compiere al suo astronauta nel film “Odissea nello Spazio”: disattivare il robot di bordo (che, nel caso dell’OKO,cosìcome in quello dello H.A.L. di Kubrik, era anche difettoso). A quel punto, egli può compiere da solo la sua esperienza, per trasformarsi nientemeno che nel….. Superuomo, il ”pais paizon pesseuon” di Eraclito, che, nella conclusione del film, plana sulla terra in una grande bolla, che costituisce la sua “astronave”.
Come noto, già dagli Anni ’50 del Secolo Scorso, Isaac Asimov aveva dedicato la sua colossale e fortunata produzione fantascientifica proprio a dimostrare che le cosiddette “Tre Leggi della Robotica” (da lui stesso inventate), cioè l’inserimento di principi etici nella programmazione dei robot, non avrebbero risolto il problema dell’egemonia dei robot, giacché i robot che impareranno ad evolvere da soli non potranno certo essere vincolati ad alcuni rudimentali principi iniziali inseritivi da un essere meno intelligente, come l’ Uomo. Al punto che l’”inevitabilità” dei robot veniva dimostrata, ”a contrario” proprio dalla loro “decisione” di introdurre nel sistema un margine di errore (la “logica fuzzy”, così di moda una ventina di anni fa, che avrebbe reso indistinguibile l’Intelligenza Artificiale da quella naturale). E’ chiaro invece che una convivenza equilibrata fra l’uomo e le macchine potrà essere garantita solo dal rafforzamento delle qualità umane (“enhancement”), sulla falsariga delle grandi tradizioni culturali, come per esempio l’AYUSH indiano, il San Jiao sinico, la Paideia classica e l’ Askesis cristiana. Se, ripetiamo, nel 1993, il robot OKO avesse potuto “decidere” in base alla programmazione ricevuta, l’Umanità non esisterebbe più.
4. Per una critica della robotica shintoista
La tanto decantata esperienza giapponese, studiata nel dettaglio da Andre Søraa (“Konnichiwa Robot, Sayonara Human”), non è, a nostro avviso, soddisfacente. Infatti, essa non affronta la questione fondamentale del potere nella società delle Macchine Intelligenti, cioè il fatto che, come ha detto Putin, ”occorre innanzitutto essere umani”. La circostanza che, nell’animismo giapponese, “tutta la realtà è divina”, non incide infatti sulla questione del potere.
I cantori della robotica shintoista sono soliti affermare che la tradizione culturale occidentale, avente come punto dipartenza la Bibbia, che descrive l’uomo come il vertice del Creato, sarebbe “sbagliata” perché non permetterebbe di accogliere i robot fra gli esseri spirituali. Invece, la tradizione shintoista sarebbe “adeguata ai tempi” perché permetterebbe addirittura di riconoscere i robot come “kami”, cioè addirittura come dèi. Ma perché mai dovremmo riconoscere la pretesa superiorità di una tradizione culturale su di un’altra solo in base alla sua capacità di giustificare un certo tipo di progresso tecnico? Inoltre, perché dovremmo fare, dei robots, i nostri “dei”? Il divieto biblico di costruirsi idoli non mirava proprio forse anche a preservare la nostra specie?
L’indiretto riferimento che i tecnologi shintoisti fanno a Max Weber è fuorviante, in quanto questo autore si era limitato a constatare semplicemente che l’ etica puritana aveva favorito la nascita del capitalismo, e che anche il confucianesimo gli era stato favorevole, maal contempo, da vecchio conservatore, attendeva con impazienza che la fine delle riserve di carbone segnasse quella della Modernità. Altro che approvare lo shintoismo per la sua predilezione per i robot!
E’ vero che, come dice Søraa, l’archetipo del Samurai, così come sviluppato dallo shogunato e dagli imperatori Meiji e Showa, è, in sostanza quello di un automa, che può trasformarsi facilmente in un robot da guerra, e, soprattutto, in un droneassassino (come i Kamikaze) . Però, al di sopra dei Samurai, c’erano pur sempre i Daimyo, lo Shogun e l’Imperatore. Qui, invece, secondo i tecnologi shintoisti, i Robot-Samurai dovrebbero diventare i padroni del mondo senz’ alcun contrappeso umano. D’altra parte, quella diffusa ideologia della “robotica shintoista” s’inserisce perfettamente nella “strategia Benedict-McArthur”, espressa ne “il Crisantemo e la Spada”, dove, al Tenno che regna e non governa, si affianca, con il ruolo di Shogun , il Presidente americano. La pretesa anomia della robotica giapponese, così pure come il preteso spirito dionisiaco dell’Intelligenza Artificiale, evocato da Francesca Ferrando, mascherano semplicemente l’etero-direzione del “phylum macchinico” mondiale da parte del Complesso Informatico-Militare americano.
D’altra parte, proprio il XX secolo aveva dimostrato il carattere autolesionistico della massima giapponese “wakon yōsai” (和魂洋才= tecnica occidentale,etica giapponese). Giocando con l’Occidente al suo stesso gioco, il Giappone non poteva infatti che perdere, come poi puntualmente sìè avverato con la IIa Guerra Mondioale e con la bomba atomica. Si rivaluta così il vecchio slogan “wakon kansai” (和魂漢才 , cultura cinese, spirito giapponese). La particolare abilità shintoistica di convivere con la tecnica è infatti a sua volta un portato della tradizione sciamanica, yoga e taoista asiatica, dove per altro al centro non sono le cose, bensì lo Spirito vitale (prana,qi), che il saggio domina attraverso il Dao. Contrariamente ai Samurai, i monaci di Shaolin non sono automi eterodiretti. Ma, come ha rilevato Papa Francesco, è la Cina stessa, contrariamente al Giappone, a non essere eterodiretta.
Comunque i Cinesi furono l’unico popolo ad avevano i robot fin dal tempo dei Romani, erano ben attenti, così come i rabbini halakhici, come Rabbi Loew ben Bezalel, e al contrario degli alchimisti, a disattivare gli automi (golem), non appena questi dessero segno di ribellarsi.
La corretta impostazione per una robotica asiatica sembra restare quella della celeberrima saga animata di Mazinga, il colossale samurai d’acciaio pilotato da un ragazzo. Non per nulla, la leadership nelle nuove tecnologie sta passando alla Cina (Missili ipersonici, comunicazioni quantiche, Lenovo, Alibaba, Huawei, Baidu, Wang, Chengdu-20).Tra l’altro, il Cinese, contrariamente al Giapponese, ha un termine autoctono, 机器人 (JiQiRen), per indicare tanto il robot, quanto l’androide.
5. Una politica informatica per l’ Europa
In Europa, gli Enti finanziatori (per esempio, la Commissione o il MIUR) dovrebbero concentrarsi, per essere coerenti con la nostra cultura, sullo studio delle premesse umanistiche della robotica e sulla loro implementazione tecnica, anziché spendere milioni, come sta facendo Elon Musk, per inserire nella progettazione dei robot quegli stessi principi etico-politici della Modernità che hanno già fallito nella società umana. Tutto ciò presupporrebbe, però, un cambiamento della politica, con un passaggio passaggio di consegne, dai seguaci dell’ “Ideologia TINA”, a leaders persuasi delle possibilità che ha un’educazione etica ed umanistica di porre sotto controllo la tecnica.
Un aspetto da tenere particolarmente presente è che l’esperienza di tutti i giorni dimostra che il movimento post-umanistico ottiene enormi sostegni nella Società dell’ 1%, che spera, mediante il dominio tecnologico, di tenere a freno e stroncare la rivolta contro l’ “Ideologia TINA”, che monta da tutte le parti del mondo. Perciò, il post-umanesimo ha, dalla sua parte, l’alta finanza, la politica occidentale, i servizi segreti, l’establishment accademico, le lobbies internazionali, gl’intellettuali alla moda, i subfornitori dell’ industria informatica….
Eppure, nonostante ciò, colossali azioni si sono potute condurre anche contro questo che, sulla falsariga della famosa frase di Eisenhower, potremmo chiamare “il Complesso Informatico-Militare”: con Wikileaks, con la fuga di Edward Snowden, con la sentenza Schrems della Corte di Giustizia della Corte UE, con l’hackeraggio sistematico dei siti militari americani, con le azioni della Commissione UE contro le multinazionali del web. Il compito dei politici anti-post-umanistici potrà dunque trovare degli alleati, nelle Chiese, nei funzionari più seri degli Stati e degli organismi multinazionali, in governi che non accettano la simbiosi fra il “Complesso Informatico-Militare” e il Governo Americano. Paradossalmente, perfino Trump, che pare aver vinto anche grazie a Facebook e Twitter, voleva “chiudere Facebook”, equiparato a un covo di terroristi. Ma, al di là di ciò, la sconfitta di Hillary Clinton segna anche il fallimento (forse temporaneo) del tentativo delle multinazionali dell’informatica di porre lo Stato americano sotto il proprio controllo diretto (Schmidt and Cohen,The New Digital Age).
L’azione anti-postumanista dovrà, pertanto, articolarsi a livello mondiale attraverso i diversi movimenti di resistenza esistenti nei vari Continenti contro il progetto di Società delle Macchine Intelligenti, sfruttando anche gl’isolati lati positivi dell’azione dei diversi Governi. Esso deve anche tener conto, da un lato, della tensione fra l’ Occidente e il Resto del Mondo (lo “Scontro di Civiltà”, che sta sviluppandosi come previsto da Huntington), e, dall’ altro, del suo collegamento con le lotte per la difesa delle identità.
6. Movimenti e Partiti europei
Nell’ Europa postbellica, proprio per esaltare al massimo, dopo l’epoca dei movimenti totalitari, l’individualità di ciascuna tradizione culturale, l’obiettivo (a nostro avviso semplicistico) era stato che a ogni tradizione culturale corrispondesse un partito: PSIUP, PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, PLI, PDIUM, MSI, Ordine Nuovo, ecc.. Con il passare degli anni, con il cambiare dei sistemi politici, con la deideologizzazione e con la creazione dei “Partiti Europei”, questa costruzione si è sfilacciata, e non c’è più stata questa corrispondenza biunivoca fra tradizioni culturali e politiche e partiti. Si tentava invece d’ imporre un bipartitismo all’ americana, talmente alieno alla tradizione politica europea, che, più si cercava di affermarlo il bipartitismo, più emergevano nuovi partiti.
Oggi, la distribuzione dei partiti secondo il tradizionale crinale “destra”-“sinistra” è superato, come dimostra già soltanto uno sguardo ai vari Parlamenti e governi. A nostro avviso, la scriminante politica è ora duplice: a seconda dell’atteggiamento degli stessi su due aspetti: da un lato, la loro strategia europea, e, dall’ altro, la Questione della Tecnica.
In realtà, come detto prima, le due questioni sono strettamente legate.
Infatti, non è possibile combattere contro l’egemonia delle macchine intelligenti senza una coalizione a livello mondiale. Ma tutte le attuali Potenze devono gran parte delle loro posizioni alle nuove tecnologie militari, e non addiverranno certo ad un controllo mondiale su queste tecnologie se non vi saranno costretti da un’azione politica estranea. Questa nostra impressione è confermata dal solo apparente paradosso per cui ,tanto Trump, quanto Putin, i quali sembrano mirare ad una forma d’alleanza fra Russia e America, siano anche concordi nel perfezionare i rispettivi armamentari nucleari, accrescendo, così, il loro vantaggio militare rispetto alle altre Potenze, grandi e piccole.
Un’ azione di tipo diverso potrebbe essere condotta invece dall’ Europa, giocando sulla rivalità fra le altre Potenze. Ma, per poter svolgere questo suo ruolo, l’ Europa dovrà essere guidata in modo ben più assertivo. Qualcuno va proponendo di eleggere il Presidente europeo a suffragio universale. Cosa che condividiamo in via di principio, ma che non risolverebbe oggi la questione, perché non c’è nessuno degli attuali politici europei che abbia nella sua agenda un’azione di quel tipo. Al contrario, essi sono tutti legati mani e piedi al Sistema Informatico-militare, alle multinazionali dell’ informatica, e ancora perfino al Mito del Progresso. Occorrerà innanzitutto cambiare la cultura della classe politica.
Ed è qui che ritorna l’importanza di movimenti e partiti politici. E, giacché si tratta condurre innanzitutto un’azione a livello europeo, è importante una forma di aggregazione europea. Tra l’altro, questa era la funzione originaria del Movimento Europeo, e questo è ciò che anch’esso vorrebbe fare oggi , ma non è capace di fare. Poiché, d’altronde, ci è chiaro anche che la presenza di politici impegnati nella lotta post-umanistica è praticamente nulla, sarebbe comunque utile, a nostro avviso, che un nuovo Movimento Europeo che nascesse per supportare quest’ iniziativa “istituzionale” fosse più ampio possibile, comprendendo, da un lato, partiti “dell’ opposizione” o perfino “antisistema”, e, dall’ altro, personalità indipendenti. Anzi, l’ideale sarebbe che, al suo interno, non vi fossero “partiti”, bensì “sezioni” di persone aderenti a titolo personale, restando inteso che, in prospettiva, le “sezioni” dovrebbero sostituire gli attuali partiti. Infatti, tutti i movimenti politici dovrebbero discutere fra di loro e convergere per cambiare l’ Europa. In questo senso, un fronte “anti-post-umanista”, e, quindi, se vogliamo “conservatore” potrebbe esprimersi al meglio in un’azione che tuttavia sarebbe svolta insieme ad altre forze, vuoi più “di governo”, vuoi “di destra” o “di sinistra”.
In tal modo si potrebbe andare configurando, almeno a livello di azione europea, un embrione di movimento unitario degli Europei, un “Partito della Nazione Europea”, il quale, tuttavia, sarebbe tutt’altro che monolitico, bensì articolato, come il Partito Indiano del Congresso prima dell’ indipendenza, in diversi raggruppamenti ideologici, come per esempio i laici, gl’induisti e i mussulmani. In tal modo, esso si porrebbe in alternativa e in concorrenza con l’attuale, inutile e dannoso, Movimento Europeo sostenuto dalle Istituzioni del sistema.
Ed è solo alla fine del processo che avrebbe senso pensare a qualcosa che si potrebbe chiamare, se si vuole, “destra” o “sinistra”, seppure in un senso del tutto nuovo. E’ probabile che, all’ interno del Movimento Europeo, i più attivi del fronte anti-post umanistico potrebbero essere proprio coloro che provengono dall’ attuale “destra”, perché almeno alcuni di essi partono fin dall’ origine da una sfiducia iniziale per il Mito del Progresso, e, quindi, dalla convinzione radicata che occorra limitarne gli effetti negativi. La “sinistra” sta arrivando a risultati analoghi, ma con ancora maggiore difficoltà, a causa dell’ equivoco nato fin dall’inizio, e duro a morire, circa la compatibilità fra Umanesimo e Rivoluzione Permanente.
Anche il fatto che i più avanzati nella critica della “casta” tecnocratica siano i cosiddetti “Euroscettici”, che vorrebbero decostruire l’Unione Europea non deve trarre in inganno: anche Sol’zhenitsin voleva smantellare l’Unione Sovietica, ma, in realtà, questo non era che una fase prodromica indispensabile per la ricostituzione, oggi in corso, dell’Impero Russo.